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Pronto per la fecondazione. E' il primo ovocita umano cresciuto in laboratorio

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view post Posted on 9/2/2018, 08:45
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Pronto per la fecondazione. E' il primo ovocita umano cresciuto in laboratorio

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Per la prima volta una cellula riproduttiva è stata prelevata da tessuto ovarico e fatta sviluppare in provetta fino ad arrivare allo stadio in cui può essere fertilizzata. Risultato straordinario, ma solo un primo passo

C’è riuscita. E non poteva che essere lei, Evelyn Telfer, che da trent’anni studia la complessa macchina della riproduzione umana. Con un risultato straordinario, anche se iniziale. Il primo passo per poter dare una possibilità di gravidanza sicura anche alle donne che si ammalano – e poi guariscono – da un tumore. Telfer e il suo gruppo sono riusciti a isolare degli ovociti dal tessuto ovarico fresco, e a farli poi crescere in laboratorio in diversi substrati fino ad arrivare al grado di maturazione giusto per poter essere fecondati. E lì si sono fermati, pubblicando i risultati del loro studio su Molecular Human Reproduction. Con tante domande. Legate anche alla scarsa numerosità del campione. E l'ipotesi che quegli ovociti maturati in laboratorio possano essere fecondati.

Prima della chemioterapia
Ma facciamo un passo indietro. La scoperta della Telfer è un tassello in più nel delicato compito di preservare la fertilità per tutte quelle donne che si ammalano di tumore e devono affrontare la chemioterapia, che danneggia le ovaie. Oggi – prima di cominciare le terapie oncologiche – vengono prelevati e congelati gli ovociti. Che saranno poi utilizzati successivamente, con tecniche di procreazione assistita (Pma). Oppure – ma la tecnica è considerata ancora sperimentale benché sia utilizzata già da parecchio – si preleva un pezzetto di tessuto ovarico, soprattutto nelle pazienti più giovani o quando non c'è il tempo di stimolare le donne per produrre più ovociti. Il tessuto ovarico viene poi congelato e reimpiantato dopo le terapie, quando la donna è guarita. Con qualche svantaggio, però. "Per poter essere reimpiantato serve un altro intervento chirurgico, quindi è una procedura invasiva, inoltre non sempre l’ovaio riprende a funzionare e poi non si elimina del tutto il rischio che il tessuto reimpiantato possa reintrodurre il cancro nella paziente - spiega Eleonora Porcu, responsabile del Centro di Infertilità e Procreazione Medicalmente Assistita del Policlinico S.Orsola-Malpighi di Bologna - perché nel tessuto possono esserci cellule cancerose. Se invece non si impianta l'intero tessuto ma si preleva qualche ovocita da far crescere in vitro il rischio cancro cala drasticamente".

Il risultato
Il risultato ottenuto dai ricercatori (The Royal Infirmary con il Royal Hospital for Sick Children di Edinburgo e il The Center of Human Reproduction di New York, con il supporto del Medical Research Council) è un grande traguardo. Perché mai prima d'ora si era riusciti ad ottenere ovociti maturi in laboratorio da un essere umano. Dai topi e persino dalle pecore sì. Ma non nell'uomo. Il risultato tuttavia è solo il primo passo. "E' un grande avanzamento, una notizia dirompente, ma ci sono anche tanti punti interrogativi - continua Porcu - condivisi dagli stessi ricercatori. Prima di tutto è stato utilizzato tessuto ovarico fresco. Ma che succede se invece si congela, che è la prassi usuale? Secondo punto: la percentuale di ovociti che arriva allo stadio di una possibile fecondazione è molto bassa e inoltre ci sono molte anomalie. Per esempio gli autori dello studio scrivono di aver notato in alcuni ovociti cresciuti in laboratorio un globulo polare enormemente grande. Segno che c'è una anomalia del processo. Nella Pma questi ovociti generalmente li scartiamo, perché possono trasmettere anomalie ad un eventuale embrione o anche impedire la fecondazione".
Insomma, lo studio è sperimentale ed è ancora per addetti ai lavori. Motivo per cui - conclude Porcu - evitiamo di dare false speranze. Non risolviamo così problemi di infertilità. Ma diamo qualche speranza in più alle pazienti con un tumore che sanno di poter pensare ad una gravidanza. Una volta sconfitta la malattia.

La condanna
Eticamente condannabile e scientificamente pericolosa la scoperta se finalizzata alla procreazione umana, secondo il bioeticista e presidente vicario del Comitato nazionale di bioetica (Cnb), Lorenzo D'Avack, che - intervistato dall'Ansa - definisce invece accettabile un utilizzo di ovociti sviluppati in laboratorio per curare malattie.

L'Eshre
E invita invece alla cautela anche Cristina Eguizabal Argaiz, a nome dell'Eshre, la società europea per la riproduzione umana e l'embriologia. "La scoperta è molto interessante - spiega a Repubblica - anche per future applicazioni per donne infertili ma invito alla cautela, perché gli autori hanno utilizzato tessuto di giovani donne fertili di 30 anni, e non di donne più anziane o con problemi di infertilità. E quindi non sappiamo se questo protocollo funziona anche con queste donne. Quindi sì, è un risultato fantastico, ma servirà tempo e altri studi per dimostrare la funzionalità di questi ovociti".

repubblica.it

 
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