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Giorgio Napolitano morto, i medici: «Si è spento piano come una candela». Il cuore ha retto anche senza l'ausilio dei macchinari

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view post Posted on 22/9/2023, 19:56
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AMICIZIA...PECCATO SIA SULLA BOCCA DI TUTTI...MA NEL CUORE DI POCHI

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Giorgio Napolitano morto, i medici: «Si è spento piano come una candela». Il cuore ha retto anche senza l'ausilio dei macchinari


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Complicanze infettive hanno accelerato la fine. Il tracollo nell'ultima settimana. Fino alla scorsa estate nonostante la spossatezza riusciva a volte a scambiare qualche parola coi familiari.



Le ultime settimane erano state di ansia, tra segnali flebili di ripresa e repentine ricadute; gli ultimi giorni d’angoscia perché nulla, nel quadro clinico, lasciava spazio alla speranza: Giorgio Napolitano, presidente emerito della Repubblica, nonostante abbia lottato sino alla fine, non ce l’ha fatta ed è morto nel pomeriggio di oggi, venerdì 22 settembre, a Roma nella clinica Salvator Mundi dove da qualche mese era ricoverato, attorniato dai familiari, la moglie Clio Maria Bittoni e i figli Giovanni e Giulio.

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L'apprensione per lo stato di salute

Il presidente che per primo, nella storia della Repubblica, aveva bissato il mandato al Quirinale, aveva compiuto 98 anni lo scorso 29 giugno. L’apprensione delle ultime settimane si era trasformata in angoscia da lunedì scorso quando la situazione aveva cominciato a complicarsi ora dopo ora. Una capacità di resistenza, la sua, che ha però stupito i medici. Il cuore ha continuato a battere nonostante mercoledì scorso i sanitari avessero preso la decisione di staccare le macchine che agevolavano le funzioni respiratorie. «Siamo al limite, forse anche oltre il limite», avevano detto. «È come una candela che piano piano sta spegnendosi».
Gli interventi e i ricoveri

Il 21 maggio dello scorso anno, il presidente Napolitano era stato operato all’addome e poi era rimasto ricoverato nove giorni all’ospedale romano Spallanzani.
Il decorso post-operatorio era stato regolare, «ha tempra e coraggio da vendere», aveva commentato Giuseppe Maria Ettorre, specialista in Chirurgia oncologica e trapianti di fegato, che con la sua squadra aveva eseguito l’intervento durato due ore.

Un precedente ricovero cinque anni fa, nel 2018: l’ex Capo dello Stato era stato trasportato d’urgenza, dopo un improvviso malore, all’ospedale San Camillo: qui l’equipe del professor Francesco Musumeci, direttore dell’Unità operativa di Cardiochirurgia e dei Trapianti di cuore, aveva effettuato un delicato intervento all’aorta, anche questo risolto con esito positivo.
La famiglia sempre vicina

In questi ultimi mesi si sono avvicendati al suo capezzale, nella clinica romana Salvator Mundi, la moglie Clio (89 anni) e i figli Giovanni e Giulio oltre ai più stretti collaboratori, tra i quali il suo portavoce di sempre, Gianni Matteoli. Con i familiari, Napolitano riusciva talvolta anche a scambiare qualche parola nonostante la spossatezza per poi ricadere nel sonno farmacologico. Fino alla decisione di mercoledì quando i medici hanno staccato i macchinari che lo aiutavano nella respirazione. Ma, nonostante questo, il cuore ha continuato a battere seppur flebilmente con regolarità fino al sopravvenire di complicanze infettive.
I messaggi d'odio

Come sempre più spesso accade in occasioni come questa, accanto al cordoglio e alla solidarietà espressi alla famiglia, negli ultimi giorni erano stati segnalati, dei casi di odio sui social: Napolitano è stato vittima di una agghiacciante campagna denigratoria, tra minacce di morte ed insulti. Una miseria morale che è stata additata e condannata da tutte le forze politiche e istituzionali. Il nome dell'ex Presidente, ai primi posti tra i trend su X (Twitter), è stato anche associato ad una serie di immagini di personaggi noti già deceduti, da Gino Strada a Michela Murgia, passando per l'ex presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, Piero Angela, Dario Fo e David Sassoli.


www.leggo.it/politica/news/giorgio...html?refresh_ce





Napolitano, primo presidente a concedere il bis: 9 anni al Quirinale, per gli avversari più un Re che un Capo dello Stato

Fu anche il primo che dal Pci arrivò sulla poltrona del Viminale, al ministero degli Interni. Kissinger lo definiva "il mio comunista preferito". Il matrimonio con Clio, avvocato del lavoro, due figli, la passione per il teatro.


Dovessero intitolare la sua biografia, gli avversari politici di Giorgio Napolitano scriverebbero in copertina “Giorgio, il presidente che volle farsi re”. Contrari o favorevoli, supporter o denigratori, non si può dire che, nel panorama politico italiano, dai primi gradini nella nomenklatura del Pci alla più alta carica dello Stato, Napolitano non sia stato personalità di spicco, di spessore, anche a costo di essere a volte diretto, ruvido, divisivo.

La carriera

E soprattutto non si può negare che qualche primato lo abbia conquistato: è stato il primo comunista ad essere eletto presidente della Repubblica; è stato il primo, al Quirinale, a concedere il bis (e, nella pratica inusuale del secondo mandato, Mattarella lo ha poi seguito); è stato il primo comunista al Viminale, dal 1996 al ’98, nessun altro, dal quel partito, prima di lui al ministero degli Interni; da dirigente del Pci è stato il primo ad ottenere il visto per una visita ufficiale in America mentre nello studio ovale sedeva Jimmy Carter ma già, ancora prima di quel 1978, un altro americano di più tenace tempra, un certo Henry Kissinger, lo chiamava “my favourite communist”. Per dire della stima che ne aveva.

Non colse il primato del primo napoletano sul Colle, ché c’erano già stati De Nicola e Leone, però napoletano lo rimase sempre intimamente, grazie a quella formazione più culturale che politica che lo aveva visto affiancato agli intellettuali partenopei coevi, o poco più grandi, da Francesco Rosi a Peppino Patroni Griffi, da Luigi Compagnone a Raffaele La Capria, nei pomeriggi a Palazzo Donn’Anna, a Posillipo, dove si parlava di scrittori e ideologie, di letteratura, di teatro e di utopie sociali. La politica è stata comunque il suo mondo (deputato di lunghissimo corso, dal 1953 al ’96) e il Pci la sua casa, presidente della Camera, senatore a vita, europarlamentare. In mezzo a burrasche, spesso, saldo in quel credo in un socialismo democratico che era quello del suo maestro, un altro Giorgio, Amendola. I giorni d’Ungheria coi carrarmati russi, la difficile e controversa presa di distanza da quell’invasione, le polemiche con Enrico Berlinguer sui rapporti con il Psi, la proposta del voto palese per le autorizzazioni a procedere, la legge messa a punto con Livia Turco che istituì quei centri di accoglienza per gli immigrati che non si pensava, allora, dovessero diventare le polveriere che sono oggi, la durissima controversia con la Procura di Palermo sulla liceità delle intercettazioni sul primo cittadino del Paese, i veleni dei 5 Stelle (all’ascesa di Pizzarotti a Parma rispose con la memorabile battuta «io di boom conosco solo quello degli anni ’60»), il lodo Alfano, lo scudo fiscale, i rapporti un po’ sì e un po’ no con Berlusconi.

Il Napolitano privato

Un privato, quello di Napolitano, tenuto lontano dai riflettori della vita pubblica: la moglie Clio Maria Bittoni, marchigiana, avvocato del lavoro, cresciuta anche lei nell’impegno politico, due figli, Giovanni e Giulio, first lady discreta e forse anche un po’ controvoglia, più contenta nel sedere accanto al marito in una poltrona a teatro che nell’affrontare i viaggi di Stato.

Per il resto, Napolitano è stato il presidente dei nove anni sul Colle, “Re Giorgio” lo definì il New York Times, garante dei governi più che della Costituzione strillavano gli oppositori, il “sì” della seconda volta quando capì il senso dell’impotenza parlamentare, il motore della democrazia che s’era imballato.
Firmò le dimissioni da Capo dello Stato qualche giorno prima della scadenza naturale: appose quella firma di mattina, al Quirinale quasi non fecero in tempo ad ammainare la bandiera che la sera lo avevano eletto di nuovo presidente.

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