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STORIE DI DONNE

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view post Posted on 13/3/2023, 18:34
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Storie Di Donne

La storia di Daria Nikolaevna Saltykova, l’ereditiera russa serial killer
Il suo soprannome era Saltychikha, l’Orchessa

Ci sono ereditiere che si danno alla beneficenza, all’arte, allo sport… e altre che intraprendono una via diversa. Come Daria Nikolaevna Saltykova che da erede di una immensa fortuna finì per passare alla storia come una delle più spietate serial killer. Quando nacque a Mosca nel 1730 il suo cognome era ancora Ivanova ma faceva già parte dell’alta nobiltà russa. Tra i suoi parenti c’erano le famiglie più in vista dell’epoca. Sin da giovanissima brillava nei salotti aristocratici e presto trovò il suo destino nel matrimonio sposando un capitano delle guardie a cavallo, Gleb Alekseevich Saltykov, con cui ebbe due figli che avrebbero seguito la strada militare.

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La felicità coniugale durò poco: il marito morì nel 1756 lasciandola vedova a soli 26 anni. Vedova e padrona di una fortuna sterminata. Dal momento che sia la madre che la sorella di Gleb si erano ritirate in convento nessuno accampava diritti sulle proprietà, che passarono interamente a Daria. Da un giorno all’altro si trovò a gestire da sola immensi possedimenti terrieri e centinaia di servi, che allora rientravano a pieno titolo tra le proprietà. Non si sa molto di questi primi anni, solo puntualmente si recava in pellegrinaggio nei santuari della zona distribuendo elemosine e mostrandosi molto pia. Dentro casa però mostrava un altro volto, che sarebbe stato svelato solo molti anni dopo.

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A Daria, che sarebbe passata alla storia con il soprannome Orchessa, piaceva torturare a morte i suoi servi. Specialmente se erano donne, soprattutto se erano giovanissime. Il pretesto era una faccenda domestica eseguita male, le punizioni terribili: dalle percosse alla notte all’addiaccio, dai capelli bruciati fino alle scottature con ferri arroventati. E quando era stanca di colpire, affidava il compito ad altri servi e stava a guardare. Quasi sempre le vittime delle sevizie morivano e quasi sempre il prete le seppelliva senza fare domande. Quasi: in un paio di occasioni il sacerdote incaricato della sepoltura sollevò obiezioni. A quel punto Daria spediva i cadaveri in un’altra delle sue tenute e ordinava di seppellirli con discrezione. Cosa che avveniva.

Nonostante diverse lamentele dei servi, continuava indisturbata le sue malefatte e puniva chi osava ribellarsi. Un servo non era ritenuto degno di fede, specialmente se contrapponeva la sua parola a quella di una nobildonna. E Daria aveva amicizie potenti e disponeva di denaro per corrompere i funzionari. Durante le indagini sui suoi crimini saltò fuori addirittura un libro paga su cui annotava tutte le mazzette elargite ad alte cariche statali.

Finché le denunce erano singole e sparute, potendo comprare la polizia e contare sul terrore che incuteva ai servi, Daria ebbe vita facile. Poi cinque persone insieme si accordarono per denunciarla portando prove che non potevano essere ignorate. Eppure dopo qualche tempo la faccenda fu insabbiata, i cinque rispediti dalla padrona, torturati e mandati in Siberia. Era la fine terribile che aspettava chiunque osasse ribellarsi.

Per molto tempo nessuno osò più testimoniare. Almeno fino al 1762 quando due contadini fuggirono diretti a Mosca. Intendevano parlare direttamente con l’imperatrice Caterina II, denunciare i fatti e a porre fine a quei misfatti. Uno di loro aveva perso tre mogli, tutte barbaramente assassinate dalla sua padrona La loro pareva un’impresa disperata. La credibilità di due servi era nulla e l’imperatrice non riceveva direttamente le petizioni del popolo. Tuttavia riuscirono a farsi ascoltare. Dopo molti rimpalli dovuti al fatto che nessun alto funzionario voleva essere implicato nella faccenda, l’indagine fu affidata a Stepan Volkov, una persona senza amicizie importanti, che non aveva niente da perdere.

Emerse subito che la quantità di morti tra i servi di Daria era sospetta. Era sospetto che a morire fossero soprattutto giovani donne sane. Gli investigatori iniziarono a interrogare i contadini delle tenute di Daria. Tra chi confessava di aver assistito all’indicibile e chi non osava, appurarono che qualcosa di tremendo avveniva sistematicamente. Di troppe persone si erano perse le tracce, senza sapere che fine avessero fatto. Nel tentativo di far sentire i servi liberi di esprimersi, chiesero l’autorizzazione per confiscarle i beni, perquisirne le tenute e arrestarla per sottoporla a tortura e costringerla a confessare. Solo le prime due richieste furono accolte. Gli investigatori le fecero credere comunque di aver avuto il permesso di sottoporla a tortura ma non lessero alcun terrore negli occhi di Daria, che ostentava sicurezza e disprezzo.

Dalle perquisizioni e gli interrogatori dei servi emersero numerose atrocità: Daria picchiava personalmente le sue vittime, sbatteva loro la testa al muro, le costringeva a rimanere scalze nella neve, in ceppi e senza cibo, strappava loro i capelli, ne immergeva le teste nell’acqua bollente. Usava il matterello, tronchi di legno, ferri roventi, fruste e bastoni. Testimoniarono 300 persone, si appurarono 138 crimini.

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Le vittime erano tutte donne, tra loro anche 2 bambine. Solo 3 gli uomini, per un caso fortuito non furono 4. Avrebbe dovuto morire per sua mano anche Nikolai Andreevich Tyurchev, che a differenza degli altri era un nobile. Si erano conosciuti mentre lui si occupava del rilevamento dei confini tra le terre per conto del governo ed erano diventati amanti. Ma quando nel 1762 la lasciò per sposare un’altra donna, la rabbia di Daria esplose. Spedì due servi a Mosca per far saltare in aria la casa dei novelli sposi ma l’attentato fallì due volte per la paura di chi doveva commettere il crimine per suo conto. Infine organizzò un’imboscata mandando 12 dei suoi ad assassinarlo mentre viaggiava verso Tambov. Ma qualcuno avvisò in anticipo Nikolai salvandogli la vita.

Alla fine di 3 anni di indagini le prove presentate in tribunale erano incontrovertibili. Nel 1768 fu condannata a essere esposta sulla piazza Rossa di Mosca con un cartello che dichiarava “torturatrice e assassina”, una cerimonia che si sarebbe ripetuta ogni anno. Poi fu rinchiusa a vita (la pena di morte era stata abolita pochi anni prima) in una cella sotterranea senza luce né contatto umano, costruita appositamente per lei in un convento. Ci trascorse 11 anni prima di essere spostata in una stanza con una minuscola finestra chiusa da sbarre che dava sulla strada e da cui i curiosi potevano vederla. Lì restò fino alla morte, nel 1800, senza aver mai confessato, senza essersi mai pentita.

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view post Posted on 13/3/2023, 20:04
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