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Parte Aeolus, il primo “satellite del vento”. Ci farà riscoprire l’atmosfera

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view post Posted on 20/8/2018, 09:59
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Parte Aeolus, il primo “satellite del vento”. Ci farà riscoprire l’atmosfera



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PIERO BIANUCCI

Il primo satellite tutto dedicato allo studio del vento partirà il 21 agosto alle 23,20 ora italiana dalla base spaziale europea di Kourou, Guyane francese. Si chiama “Aeolus” – nome inevitabile –, ha una massa di 1200 kg, lo lancerà un razzo Vega e occuperà un’orbita elio-sincrona a 350 chilometri dalla superficie terrestre. L’orbita così insolitamente bassa è un compromesso tra due esigenze: osservare il più possibile da vicino moti e turbolenze dell’aria in modo da ottenere la massima risoluzione, e nello stesso tempo non sottoporre il satellite a un eccessivo attrito con l’atmosfera residua, cosa che ne accorcerebbe fortemente la vita operativa, prevista in tre anni.



Un laser molto speciale

ALADIN è lo strumento fondamentale di “Aeolus”: un Laser Doppler che dalla stratosfera (30 km) al suolo traccerà su scala globale le correnti atmosferiche con una precisione mai raggiunta, misurerà la velocità dei venti con l’accuratezza di un metro al secondo fino a un’altezza di 2 chilometri e con l’accuratezza di 2 metri al secondo fino a 16 chilometri tracciando 100 profili del vento ogni ora. La risoluzione prevista è di 30 metri. Questa messe di dati permetterà di costruire modelli dell’atmosfera più precisi di quelli ora in uso, migliorando le previsioni meteorologiche a medio termine e spingendo il limite di predicibilità fino a sette giorni.



Si studierà ovviamente la copertura nuvolosa con la sua complessa dinamica riflessione/assorbimento. Il riscaldamento globale, la protezione da eventi meteorologici estremi e un quadro in tempo reale dell’inquinamento dell’aria (aerosol) sono gli altri principali obiettivi di “Aeolus”. Analizzerà le polveri un sofisticato e innovativo Lidar che opera nell’ultravioletto utilizzando un telescopio Cassegrain di 1,5 metri. La vita programmata del satellite, che si inserisce in un ampio gramma europeo di studio e osservazione della Terra dallo spazio, è di tre anni, il costo 480 milioni di euro.



Come dominare il caos

La Terra intercetta mezzo miliardesimo dell’energia che il Sole irradia. Può sembrare una percentuale irrisoria ma equivale 1,74 x 10 alla 17 watt di potenza, una quantità enorme, e di questa il 2 per cento viene convertita in energia eolica che si esprime nella circolazione atmosferica globale. Il meccanismo è semplice: l’aria calda sale, quella fredda scende e il continuo rimescolamento tende a stabilire una condizione di equilibrio. Che però non si raggiunge mai perché il sistema atmosferico è estremamente complesso, la semplicità iniziale approda al caos: la Terra è sferica, ruota su sé stessa modificando continuamente la superficie esposta al Sole, gli oceani si scaldano lentamente, la terraferma rapidamente, le forze di Coriolis deviano le correnti d’aria in direzioni opposte nell’emisfero Nord e Sud… e così via, l’elenco delle variabili sarebbe lunghissimo, quasi senza fine. “Aeolus” ci darà per la prima volta una visione planetaria di questa agitazione gassosa, dai cicloni alle brezze, da El Nino ai monsoni alla Oscillazione Nord-Atlantica.



L’orbita elio-sincrona permetterà una rapida comparazione di dati della stessa regione raccolti in tempi diversi: si tratta infatti di un’orbita geocentrica che combina altezza e inclinazione in modo che il satellite sorvoli ogni dato punto della superficie terrestre sempre alla stessa ora solare locale. Di conseguenza le l’illuminazione solare sulla superficie terrestre risulta sempre la stessa, orbita dopo orbita del satellite.

A grande scala la circolazione atmosferica avviene in colossali celle di convezione simmetriche rispetto all’equatore che spostano l’energia termica dalle regioni tropicali verso i poli: le celle di Hadley costituiscono il sistema equatoriale e degli alisei, le celle di Ferrel caratterizzano il sistema temperato e dei controalisei, a nord e a sud delle celle di Ferrel troviamo le celle polari. A separare i sistemi delle celle troviamo violente “correnti a getto” che scorrono costanti a grande altezza (disegno).



La quota è un fattore fondamentale: il grosso dei movimenti atmosferici avviene nella troposfera, cioè tra il livello del mare e 12 chilometri di altezza. Più in alto regna una calma relativa. Vicino al suolo diventano importanti le “rugosità” del terreno: le catene montuose, ovviamente, ma anche piccole asperità – edifici inclusi – modificano notevolmente la circolazione locale. La perenne mutevolezza delle dune di sabbia dà un’idea di come le correnti d’aria siano imprevedibili e plasmino continuamente il pianeta.



Dal vento il 10% dell’elettricità

Oggi l’energia eolica fornisce circa il 10 per cento dell’elettricità consumata nel mondo, e il suo utilizzo cresce rapidamente perché il suo costo è paragonabile a quello del metano. La Danimarca trae dal vento più di un quarto della sua energia, 82 paesi utilizzano grandi impianti eolici commerciali: il vento è più democratico (e pulito) del petrolio, del carbone, dell’uranio.



Ancora alle prime fasi di sviluppo ma promettente e interessante dal punto di vista ecologico è l’utilizzo di micro-correnti per il condizionamento di palazzi e abitazioni in regioni calde (che spesso hanno notevoli escursioni termiche), ma anche temperate. Edifici sperimentali privati e pubblici a riscaldamento e raffrescamento passivo, cioè alcuna senza spesa di energia, sono realtà da una decina di anni. Le tecniche innovative messe in atto in abitazioni moderne hanno peraltro una secolare tradizione in Persia: sono strutture che catturano il vento (wind catchers) a una, 2, 3, 4, 6, 8 “facce”, o anche strutture cilindriche che si innalzano sopra gli edifici. Basta infatti salire di poche decine di metri per trovare correnti d’aria molto più intense e costanti che al suolo.



Condizionamento passivo degli edifici

A questo proposito merita una segnalazione la ricerca di dottorato svolta al Politecnico di Torino dall’iraniana Sanam Shirvani. Il titolo è eloquente: “Innovative design for natural ventilation. Wind-Catcher in elementary school Yazd-Iran”. I mezzi informatici, semplici nozioni astronomiche e una buona conoscenza della fisica dei fluidi permettono di migliorare nettamente le strategie antiche. La corretta esposizione degli edifici ai punti cardinali e una progettazione edilizia adatta a mantenere una intelligente circolazione dell’aria negli spazi comuni e nelle stanze, sono sufficienti a mantenere temperature gradevoli senza ricorrere a un condizionamento forzato. Bastano i dislivelli di temperatura dell’aria che si determinano nel corso del giorno e della notte grazie a scelte architettoniche intelligenti – dimostra la ricerca di Sanam Shirvani – a mantenere una ventilazione refrigerante a costo e inquinamento zero.



Questo non è l’unico esempio di come antiche soluzioni vengano rilanciate grazie a nuove tecnologie: basta pensare al passaggio dai mulini a vento ai moderni generatori eolici e alla navigazione a vela dalle prime zattere all’America’s Cup. Commerci e migrazioni devono molto all’energia del vento. L’uso della vela per navigare ha più di 5200 anni, eppure i perfezionamenti decisivi sono avvenuti tutti negli ultimi cento anni e i progressi continuano, come dimostrano le competizioni veliche internazionali.



Le equazioni di Reynolds

Mentre “Aeolus” si appresta a compiere il suo lavoro in orbita, vale la pena di leggere “L’arte e la scienza delle vele” di Tom Whidden e Michael Levitt (Nutrimenti Editore, 168 pagine, 28 euro). La prima edizione è invecchiata in pochi anni: in questa seconda edizione gli autori hanno dovuto inserire molti aggiornamenti e riscrivere interi capitoli. Se fino a qualche tempo fa si poteva dire che progettare barche e vele era per metà arte e per metà scienza, oggi – dicono Whidden e Levitt – è la scienza a prevalere nettamente. Le prime equazioni per calcolare forma e dimensioni delle vele in funzione dell’imbarcazione da spingere sono del 1882. Le scrisse Osborne Reynolds. Con lui e George Stokes l’arte della vela incominciò a trasformarsi in scienza. Da allora non solo la teoria e la sperimentazione hanno fatto passi giganteschi, ma – soprattutto – c’è stato un continuo progresso nei nuovi materiali, nei modelli aerodinamici e idrodinamici e nella progettazione con strumenti informatici.



Le vele delle imbarcazioni da competizione e le ali degli aeroplani hanno molto in comune: in entrambi i casi si tratta si sfruttare con tecnologie estreme la forza dell’aria controllandone e/o determinandone i movimenti. I concetti di flusso laminare e di flusso turbolento, di portanza e di strato limite sono gli stessi in volo e in acqua. D’ora in poi, con “Aeolus” in orbita, vele e ali avranno una nuova ricchissima sorgente di dati scientifici da mettere a profitto.



Tre letture tra mare e vento:

Per lettori esperti: Tom Whidden e Michael Levitt, “L’arte e la scienza delle vele”. Per i ragazzi, “La mia prima vela” di Elsa Tranchesi (Nutrimenti, 1424 pagine, 15 euro). Per chi ama le avventure nautiche vissute, “Atlantico, andata e ritorno” (Nutrimenti, 284 pagine, 18 euro).

http://www.lastampa.it/2018/08/20/scienza/...jqO/pagina.html
 
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