YAQUI

Posts written by dani@la

view post Posted: 1/6/2013, 18:08 La commovente storia dell’amore di un uomo per il suo cane... - GLI AMICI ANIMALI


La commovente storia dell’amore di un uomo per il suo cane...


cane-omo


La storia che vi proponiamo è davvero commovente: quella bellissima immagine che vedete in sovrimpressione ha fatto il giro del mondo in pochissime ore. L’uomo immortalato si chiama John Unger, e di professione fa il custode di una fattoria di Bayfield, nel Wisconsin, Stati Uniti d’America. Il suo cane si chiama Schoep, ed è un incrocio di pastore tedesco che ha 19 anni. La fotografia è stata scattata dalla fotografa Hannah Stonehouse Hudson, e racchiude una storia triste ma molto profonda.
Dopo essere stata pubblicata su Facebook, quella foto ha riscosso un successo planetario, commuovendo chiunque. Come potete vedere, nella foto, John, che indossa una maglietta bianca e un paio di occhiali da sole sta abbracciando il suo migliore amico all’interno delle acque di un lago: si tratta del Lake Superior.
John stava cercando di farlo addormentare, proprio come se fosse un piccolo bambino indifeso. Quel rituale, purtroppo, si ripete da anni, a causa di una brutta malattia della quale è affetto il povero Schoep, il cui nome è preso da una marca di gelato. Si tratta di una forma di artrite a causa della quale il cane non riesce neanche a dormire.
Come se non bastasse, su Schoep nemmeno gli antidolorifici veterinari hanno alcun effetto. Dunque, l’unico modo di farlo dormire è muoverlo in acqua, e così il padrone ogni volta lo fa rilassare nelle acque di questo lago. Il cucciolo fu originariamente adottato dall’uomo con la ex ragazza: il piccolo aveva avuto dei problemi comportamentali, in seguito a maltrattamenti


Commuove vedere questo GRANDISSIMO amore :47: :58: :47:

view post Posted: 1/6/2013, 15:28 La tecnologia ci rende più intelligenti?..... - NOTIZIE SCIENTIFICHE


La tecnologia ci rende più intelligenti?

Alla fine dell'800 eravamo più reattivi
Analizzati gli esiti di 14 ricerche sull'intelligenza umana tra il 1884 e il 2004 che verificano i tempi di reazione degli individui a stimoli visuali. Alla fine del diciannovesimo secolo la velocità era di 194 millisecondi. Nel 2004 è salita a 275 millisecondi


194728768-e6a551dd-4d0b-453a-a958-d536546a1237


OGGI è tutto a portata di mouse: basta un click per accedere all'intero scibile umano, uno schiocco di dita per illuminare una stanza, conoscere è facile, ma ci rende più intelligenti? Sorpresa: la risposta potrebbe essere negativa. Un nuovo studio suggerisce che l'intelligenza umana è in declino. Infatti, rivela che gli occidentali hanno perso quattordici punti in totale nel loro I. Q. rispetto all'era vittoriana. Che cosa spiega esattamente questo declino? Il dottor Jan te Nijenhuis, uno degli autori dello studio, punta sul fatto che donne di grande intelligenza tendono ad avere meno figli rispetto alle meno brillanti. Un'associazione negativa, quella tra I. Q. e fertilità, più volte dimostrata nelle ricerche condotte durante il secolo scorso. Ma non è la prima prova del possibile declino dell'intelligenza umana.

"La riduzione (se c'è n'è stata una) è iniziata nel momento in cui la selezione genetica si è attenuata", spiega Gerald Crabtree, professore alla Stanford University, in un'email all'Huffinghton post. "Suppongo che ciò sia accaduto quando i nostri antenati hanno iniziato a vivere in società altamente popolate e avuto accesso a costanti forniture di cibo. Entrambe sono il risultato dell'invenzione dell'agricoltura, che è avvenuta tra i 5 mila e i 12 mila anni fa".

I ricercatori hanno analizzato il risultato di 14 studi sull'intelligenza umana condotti tra il 1884 e il 2004, inclusa una ricerca di Francis Galton, antropologo inglese e cugino di Charles Darwin. Ogni "cavia" è sottoposta a uno stimolo visuale. I tempi di reazione riflettono la velocità dei processi mentali di un individuo e sono considerati un indicatore di intelligenza. Nel tardo diciannovesimo secolo il tempo di reazione visiva era di 194 millisecondi. Nel 2004 è salito a 275 millisecondi. E anche se i macchinari usati nel tardo diciannovesimo secolo sono meno sofisticati di quelli usati oggi, i dati si possono equiparare.

Altre ricerche hanno suggerito un aumento apparente dell'I. Q. a partire dagli anni '40. Fenomeno conosciuto come l'effetto Flynn. Ma il dottor te Nijenhuis ha suggerito che l'effetto Flynn riflette l'influenza dei fattori ambientali e sociali - come una migliore educazione, igiene e nutrizione - e può mascherare il vero declino genetico dell'intelligenza nel mondo occidentale.

view post Posted: 1/6/2013, 13:08 Dolcificanti negli alimenti hanno gli stessi effetti della cocaina - COSA MANGIAMO?


Dolcificanti negli alimenti hanno gli stessi effetti della cocaina

I dolcificanti utilizzati nella produzione degli alimenti che compriamo al supermercato, come per esempio il fruttosio, possono alterare il comportamento delle persone similmente a quanto fa la cocaina sostengono i ricercatori. I produttori non la pensano allo stesso modo

TYP-474593-6532276_Sophia-Winters


Il fruttosio utilizzato nella produzione di certi alimenti, come per esempio i biscotti, secondo uno studio può avere effetti simili alla cocaina nel causare dipendenza.



Drogati di dolcificanti si potrebbe dire, dopo aver scoperto che uno di questi ingredienti ampiamente utilizzato dall’industria alimentare, secondo i ricercatori, ha effetti simili a quelli della cocaina.

La scoperta è stata fatta dagli scienziati dell’Università di Guelph, coordinati dal dottor Francesco Leri, professore Associato di Neuroscienze e Scienze Cognitive Applicate, i quali hanno analizzato gli effetti dello sciroppo zuccherino estratto dal mais, noto anche con il nome di fruttosio.
Questo ingrediente, secondo il rapporto presentato al 2013 Canadian Neuroscience Meeting della Canadian Association for Neuroscience - Association Canadienne des Neurosciences (CAN-ACN), sposta di fatto la causa del problema della pandemia di obesità a quello della dipendenza – tipico delle droghe.

Se dunque gli alimenti ricchi di zuccheri possono essere causa di sovrappeso e obesità – quand’anche diverse altre malattie – il nuovo allarme è la dipendenza, piuttosto che la sovrabbondanza di cibo spazzatura.
Gli autori dello studio, sostengono infatti che l’alto contenuto di fruttosio da sciroppo di mais può causare reazioni comportamentali simili a quelle prodotte dall’abuso di sostanze come la cocaina.

La dipendenza, di qualsiasi forma si tratti, ha sempre una connotazione negativa. Si passa infatti dal piacere di un qualcosa a l’esserne dipendenti. A soffrire, nel caso manchi, di una vera e propria astinenza. Questo accade non solo con le droghe o l’alcol ma, come sappiamo, anche con certi farmaci, il gioco d’azzardo, il sesso e così via. Gli alimenti, ma soprattutto certi alimenti, non sono da meno. Ecco pertanto perché, secondo i ricercatori, l’epidemia globale di obesità si potrebbe spiegare proprio in termini di dipendenza.
La dipendenza potrebbe altresì spiegare perché, vista la sovrabbondanza di cibo disponibile, alcuni diventano obesi mentre altri no. La sola abbondanza di risorse alimentari non può pertanto esserne la sola causa, ribadiscono gli autori dello studio.

Leri e colleghi hanno così osservato gli effetti deleteri del fruttosio in questo studio condotto su modello animale. L’intento era quello di dimostrare che solo una piccola percentuale di persone diviene dipendente dal cibo (così come da altre situazioni), e che dietro a questo fattore ci deve essere dell’altro.
«Abbiamo le prove in animali da laboratorio di una vulnerabilità condivisa nello sviluppare preferenze per i cibi dolci e per la cocaina», ha spiegato Leri.

Nei loro test, i ricercatori hanno esaminato i cambiamenti comportamentali, chimici e neurobiologici indotti dal consumo di cibi contenenti HFCS, che causano assuefazione.
«Noi non siamo topi – sottolinea Leri – però non pensiamo troppo circa l’impatto dei dolci sul cervello e comportamento dei nostri figli. Ora c’è una convincente evidenza neurobiologica e comportamentale che indica che la dipendenza da cibo è possibile. Il nostro obiettivo primario è quello di scoprire predittori biologici di vulnerabilità a sviluppare un eccessivo consumo di sciroppo di fruttosio».

La presentazione dello studio, come ci si poteva aspettare, ha sollevato un polverone. Le associazioni di produttori di fruttosio da mais hanno bollato la ricerca come “irresponsabile” e controproducente, per via dell’associazione tra un dolcificante ampiamente utilizzato e una droga pesante come la cocaina. Altro motivo di attacco è l’aver condotto lo studio su modello animale che, secondo i produttori di fruttosio, non ha un riscontro reale con l’essere umano.

Certo, ognuno tira l’acqua al suo mulino, e spesso ragione e torto si alternano vicendevolmente.
Quale che sia la verità, ciò che non si può negare è che qualsiasi sostanza immettiamo nel nostro organismo è soggetta a un processo chimico, che a sua volta innesca una reazione chimica che va a influenzare la risposta sia fisica che mentale. E’ ragionevole pensare pertanto che alcune sostanze possano, nelle persone predisposte, essere causa di dipendenza.
Che un prodotto sia “ampiamente utilizzato”, poi, non significa che sia sicuro o non dannoso (l’Eternit insegna). Teniamone conto perché spesso gli interessi commerciali vanno oltre l’interesse per il benessere dei consumatori.
view post Posted: 1/6/2013, 01:46 Australia: è stata scoperta una nuova specie di lumaca gigante rosa - GLI AMICI ANIMALI


waooooooooooooooooo......me fà un pò "senso".. però che colore!!!!!!!!! :(10): :(10): :(10):
view post Posted: 31/5/2013, 18:12 Un tigre per amico - GLI AMICI ANIMALI


che meraviglia vedere il rapporto...uomo-animale...quando c'è questo grande amore...

:37:

view post Posted: 31/5/2013, 14:27 Vasco Rossi: «Ho pensato al suicidio, ma adesso ho vinto la mia malattia» - Tutto sui nostri attori e cantanti preferiti

Vasco Rossi: «Ho pensato al suicidio, ma adesso ho vinto la mia malattia»

Il rocker emiliano sta bene e prepara il ritorno con gli show di Milano e Roma. «Mia moglie e mio figlio mi hanno aiutato»

20130531_c1_vasco


Scientificamente si chiama «stafilococco aureo», ma Vasco Rossi preferisce liquidarlo semplicemente come «batterio del c....». Difficile dargli torto, se è vero che l’ha messo fuori gioco per due anni. Ma questa ormai è un'altra storia perché Rossi è un’altra persona rispetto a quella dell’ultimo tour.

Basta vederlo impegnato nelle prove musicali dello show che lo deposita per quattro sere tra le gradinate dello stadio Olimpico di Torino (9, 10, 14 e 15 giugno) e per tre (22, 23 e 26 giugno) tra quelle del Dall’Ara di Bologna, per capire che è un uomo nuovo. Dice di portare ancora le scarpette rosse (di Prada?) perché le sue dimissioni da rockstar, a differenza di altre, non sono state accettate. E perché non gli piace lasciare le cose a metà, «anche se per cause di forza maggiore: due anni fa ho dovuto interrompere il tour, ma ora sono di nuovo qua perché durante la malattia ho pensato che se devo proprio morire, preferisco farlo sul palco che su un letto d’ospedale».

Che cosa ha avuto esattamente?
«Sono stato vittima dello stafilococco aureo, qualcuno la definisce la ”malattia del secolo”. Il batterio vive sulla pelle, ma se ti entra in circolo nel sangue a causa di un taglio o altro può fare danni enormi, com’è successo a John ”Johnnie” Walker, quello del whisky, che c’è morto. Dette una pedata alla sua cassaforte e la ferita gli fu fatale. Il batterio killer mi ha causato un’endocardite, un’infiammazione del tessuto che riveste le valvole del cuore: sono vivo per miracolo. E pensare che fino a due anni fa non ero mai stato ricoverato in ospedale e il malanno più lungo non era durato più di tre giorni. Mi piacerebbe scrivere un’autobiografia per raccontare la mia storia così come la vedo con gli occhi di oggi».

Perché voleva smetterla con i concerti? Perché non sentiva più voglia di tornare sul fronte del palco?
«Perché mi sentivo stanco di tutto, persino di quello, volevo decostruire l’idolo degli stadi e rivalutare il Vasco cantautore. Mi ero rotto. Ho pensato persino al suicidio, ma penso che una cosa del genere possa capitare a chi, com’è successo a me, vive una malattia dura di cui non riesce a vedere l’epilogo».

Come ne è uscito? Chi l’ha aiutata? Quando si è sentito fuori dal tunnel?
«Oltre all’umore nero, la malattia mi dava difficoltà di movimento e devo riconoscere che la pazienza e l’affetto di mia moglie e mio figlio sono molto importanti. D’altronde, Laura sposandomi sapeva che avremmo dovuto aiutarci nella buona e nella cattiva sorte, glielo imponeva il codice civile».

In che modo l’ha cambiata questa esperienza?
«Ora mi sembra di cogliere nelle persone e nelle cose aspetti che prima mi sfuggivano e il lato umano ha molto più peso di prima. Da questo punto di vista sono un uomo nuovo».

Niente più vita straviziata e stravissuta, spericolata, insomma?
«Quando uno nasce tondo non può morire quadrato. Ma, lo confesso, in qualche modo da incendiario sono diventato un po’ pompiere».

Durante la degenza i social network l’hanno aiutata?
«Dovendo stare a casa, Facebook s’è trasformato nel mio compagno di vita, un Roxy bar virtuale in cui incontri tutti e puoi parlare con tutti. Ero così preso che mio figlio mi diceva di staccare almeno all’ora di pranzo. Poi l’11 settembre 2012, quando pensavo di aver vinto la malattia, ho avuto una ricaduta durissima e ho staccato tutto. Ma davvero tutto».

Little Tony diceva che senza di lui e senza Adriano Celentano non ci sarebbero stati Vasco Rossi e tanti altri rocker italiani.
«Effettivamente ricordo che a 12 anni cantavo la sua ”Riderai” e mi commuovevo. Anche la scomparsa di Jannacci mi ha turbato molto: Enzo è stato uno dei più grandi e probabilmente senza la sua ”Quelli che” non ci sarebbe stata nemmeno la mia ”Siamo solo noi”».

view post Posted: 31/5/2013, 14:01 LEGGENDA CASA MAUSITA - STORIA E MISTERO
Bè diciamo....che paurosa lo sono e anche molto....ma per assurdo.....tutte queste cose mi affascinano, e comunque sarei pronta a "provare per credere".....avrei paura a sperimentare da sola questo si....ma in compagnia....farei di tutto....quindi ancora non ho capito che "tipo" di paure ho.... :55: :55: :55:
view post Posted: 30/5/2013, 23:33 Le piante carnivore - IL POLLICE VERDE


LE PIANTE CARNIVORE

1dionaea

Le piante carnivore o meno propriamente chiamate piante insettivore sono alcune piante che pur essendo provviste di foglie verdi, quindi in grado di vivere autotroficamente (vale a dire sono in grado di sintetizzare il nutrimento a partire da sostanze inorganiche utilizzando energia non derivante da sostanze organiche), sono provviste di particolari meccanismi che le consentono di catturare e digerire piccole prede animali (insetti o piccoli invertebrati) grazie alle quali completano la loro nutrizione, specialmente quella azotata.

Si tratta in genere di specie che vivono in terreni poveri di Azoto quali le torbiere, i pantani, i terreni acquitrinosi, ecc.

1sarracenia_purpurea

dionaeamuscipulaqa4

La loro particolarita' di essere carnivore e' infatti strettamente legata piu' all'ambiente nel quale vivono che non alla loro classificazione sistematica. Infatti ritroviamo tra le piante carnivore specie appartenenti a generi e famiglie molto diverse tra loro.

400px-H_pulchella1

I dispositivi con i quali le diverse piante catturano le loro prede possono essere fondamentalmente di tre tipi ed identificano i diversi generi e specie:

1heliamphorap

ASCIDI O SIMILI derivanti dalla modificazione di alcune foglie

Ritroviamo in questo gruppo i generi: Nephentes, Cephalotus, Sarracenia, Heliamphora, Darlingtonia, Utricularia, Genlisea

1dionaeap

APPARATI DI PRESA CON MOVIMENTI A SCATTI che imprigionano gli animali con movimenti attivi

Ritroviamo in questo gruppo i generi: Dionaea, Aldrovanda

1droserap


SECREZIONI VISCHIOSE che impantanano la preda. In alcune di esse la secrezione e' costante mentre in altre avviene solo in presenza della preda

Ritroviamo in questo gruppo i generi: Pinguicola, Drosera, Drosophyllum, Triphyophyllum, Roridula



Da diverse esperienze compiute e' certo che le piante carnivore possono vivere anche in assenza della preda. La preda favorisce lo sviluppo della pianta, quasi come una concimazione ma anche senza, la pianta vive. Infatti le piante carnivore vivono di soliti in substrati poveri di elementi nutritivi pertanto le prede assicurano alla pianta la possibilita' d'avere una maggiore quantita' di sostanza azotate e forse anche di sali minerali. Un'altra particolarita' della piante carnivore e' che non possiedono micorrizia vale a dire interazione tra le radici della pianta e le ife fungine con l'instaurazione di una simbiosi.
piante-carnivore-2

Oltre alle piante superiori anche qualche fungo acquatico e' carnivoro. Un esempio e' il Zoophagus insidians (famiglia Saprolegnaceae) che cattura la preda impantanandola con delle sostanze vischiose che produce dall'estremita' di particolari ife e successivamente avvolgono la preda con il proprio micelio. Allo stesso modo si comporta la Sommerstorffia spinosa (famiglia Saprolegnaceae).

DSCN8072

Altro esempio e' Arthrobotrys oligospora un Aspergillacea che vive negli escrementi e se viene a contatto con nematodi li avvolge e li succhia con le sue ife. Senza una preda animale questo fungo rimane di dimensioni molto piccole. E' infatti una dieta a base di carne che gli assicura l'accrescimento.


view post Posted: 30/5/2013, 23:03 Santo Domingo, ritrova i figli grazie a Facebook - NOTIZIE VARIE

Bellissimo!!!!!!!!!!!
ogni tanto facebook fà dei miracoli!!!

:(10): :(10): :(10):
view post Posted: 30/5/2013, 22:58 LEGGENDA CASA MAUSITA - STORIA E MISTERO

Che storia!!!!!!......io sono una paurosa...hihihihihihi.....già sento....rumori!!!!! megaomg megaomg
view post Posted: 30/5/2013, 22:52 LA MIA GATTINA BETTY - LE NOSTRE MIGLIORI FOTO

grazie Simo :47: lo sai Pluto mi fà disperare......ma è anche la mia gioia :37: :37: :37:
19156 replies since 7/10/2008