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Cuzco e Machu Picchu È allarme frane

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view post Posted on 3/12/2013, 19:28
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Cuzco e Machu Picchu
È allarme frane

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In Perù è allarme rischio idrogeologico: tre siti turistici importanti sono minacciati da frane che possono determinare, in due casi, il serio danneggiamento dei monumenti e, nell’altro, un grave pericolo per la popolazione e i turisti.

La fortezza Inca di Sacsyhuaman, famosa in tutto il mondo perché luogo di celebrazione dell’Inti Raimi, la cerimonia Inca in onore del dio Sole, è a rischio crollo. L’allarme è stato lanciato dai geologi dell’Enea che sono corsi a Cuzco, la cittadina peruviana patrimonio dell’umanità Unesco, dove si trova l’antico sito archeologico, per valutare l’entità del fenomeno.

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Il danno è causato dal lento collasso dei versanti posti alle spalle delle splendide mura ciclopiche costituite da grossi massi (3x2 m) scolpiti dagli Inca e perfettamente sovrapposti. “Queste piccole frane – racconta Claudio Puglisi, geologo e ricercatore Enea coinvolto nel progetto – sono dovute all’infiltrazione dell’acqua piovana nello strato di suolo presente al di sopra delle rocce calcaree, che costituiscono l’ossatura su cui è costruita la fortezza. In assenza di un sistema di drenaggio che allontani l’acqua dai versanti, il suolo si gonfia, aumenta di peso e lentamente scivola verso il basso con una forza capace di dislocare i muri incaici, fino a farli crollare. E pensare che un tempo erano stati costruiti proprio come sostegno dei versanti stessi”.

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Insomma, un rischio davvero serio per la cultura mondiale. Ma perché il fenomeno si sta presentando in questi anni? “Fino a poco tempo fa - continua Puglisi - il problema non si era posto perché gli Inca, tra la fine del 1400 e i primi anni del 1500, avevano realizzato un ingegnoso sistema di drenaggio che prevedeva un riempimento artificiale posto tra il versante naturale e i muri il quale faceva confluire gran parte dell’acqua di infiltrazione in canali drenanti con lo scopo di convogliarla più a valle. In questo modo lo spesso strato di suolo era mantenuto sempre a un livello di umidità tale da rendere impossibile i piccoli movimenti franosi. Ora purtroppo, questo sistema non funziona più poiché i canali, nel tempo, si sono ostruiti. Per ripristinarne l’efficienza si dovrebbe, prima di tutto, ricostruirne il percorso sotterraneo che oggi è in parte sconosciuto.

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Il lavoro richiesto agli italiani è, quindi, quello di caratterizzare i processi geomorfologici in atto e le caratteristiche di saturazione dei terreni, nonché fornire indicazioni su come costruire una nuova rete di drenaggio efficiente che possa salvaguardare un sito archeologico così importante. I ricercatori italiani non sono certo nuovi agli studi geomorfologici in quelle zone del Perù. Lì, infatti, le antiche strutture archeologiche sono continuamente interessate da fenomeni di assestamento.



Se ne accorse per primo il geologo giapponese Kyoji Sassa, dell’Istituto di Ricerca per la Prevenzione dei Disastri dell’Università di Kyoto, che, nel lontano 1991, lanciò un allarme di rischio frana per il sito di Machu Picchu. Nelle rocce granitiche su cui è fondata la cittadella aveva infatti individuato una frattura lungo la quale i resti archeologici sembravano scivolare verso la valle del Rio Urubamba. Forme geomorfologiche superficiali e seri danni ad alcune strutture archeologiche sembravano confermare l’esistenza di questa profonda frana il cui lento e progressivo movimento avrebbe portato alla distruzione dell’intero sito.

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Così, a seguito di un’intervista rilasciata dallo scienziato a “New Scientist” in quegli anni, i visitatori, in special modo quelli statunitensi, diminuirono drasticamente. Il turismo in tutta la regione di Cuzco subì una forte battuta d’arresto e l’intera economia locale andò in crisi. Il Governo peruviano chiese allora assistenza all’Unesco per il coordinamento di iniziative di studio e di ricerca al fine di comprendere meglio la gravità della situazione.

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Uno dei progetti più importanti, se lo è aggiudicato proprio l’Italia grazie a INTERFRASI, un progetto firmato da una cordata di enti di ricerca : Enea, (coordinatore); Cnr, Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica (CNR -IRPI); Centro di Ateneo per i Beni Culturali dell’Università di Firenze; Tele-Rilevamento Europa (T.R.E); Joint Research Centre di Ispra (JRC, Centro di RicercaComunitario); Consorzio Civita. Scopo dello studio: valutare con mezzi non impattanti la presenza o meno della frana profonda e i rischi a essa correlati. “E’ stato necessario - racconta Claudio Puglisi - compiere sul luogo numerose missioni ed effettuare, oltre a rilevamenti finalizzati all’individuazione delle strutture geologiche (faglie e fratture) e alle morfologie del terreno, un’analisi interferometrica da terra e da satellite e un monitoraggio con un sistema GPS di altissima precisione”.

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Risultato: è vero, esiste una frattura profonda ma questa non è conforme a un movimento di frana profonda. Insomma la frattura c’è ed è conseguente ad altri processi geologici. La deformazione e la dislocazione di alcune strutture archeologiche sono dovute, invece, a piccoli dissesti superficiali dovuti essenzialmente al complesso sistema di fratture che smembra in singoli blocchi l’ammasso roccioso e che ne determina piccoli assestamenti reciproci. Insomma, non si può parlare di vera e propria frana. Il vero problema è invece la situazione di rischio idrogeologico che incombe sulla cittadina turistica a valle di Machu Picchu, Aguas Calientes (2200 m), dove vive la popolazione locale e dove alloggiano i turisti in visita al famoso sito archeologico. “Lì, infatti – spiega Puglisi – sfociano due corsi d’acqua, Aguas Calientes e Alcamayo, che confluiscono poi nel fiume più grande Urubamba. Tutta la cittadina è costruita su un cono detritico formatosi a seguito di eventi alluvionali e di un particolare tipo di frane, le colate rapide di fango e detrito, che hanno origine sui versanti dei bacini dei due piccoli corsi d’acqua. I versanti sono tuttora instabili e, in occasione di eventi meteorologici intensi, si innescano frane di questo tipo. Un pericolo molto serio e sempre incombente”.

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Si tratta di fenomeni franosi che scendono a una velocità di 30 chilometri all’ora e che non danno alcun preavviso. Esattamente quello che è successo in Italia, a Sarno nel 1998 e a Giampilieri nel 2007 e 2009.

Ogni 2/3 anni, infatti, bisogna aspettarsi vittime e danni. L’ultimo evento si è verificato nel 2009 e ha provocato quattro vittime. La cittadina, inoltre, è in forte espansione e le parti nuove sono costruite proprio nelle zone più soggette all’invasione di tali sedimenti.



Proprio per cercare di far fronte a questi problemi è stata consegnata, recentemente, al Comune di Aguas Calientes una ‘mappa di rischio’ elaborata dai ricercatori dell’Enea e dagli operatori della Onlus Geologia Senza Frontiere che, nell’ambito del progetto “For GEO”, finanziato dal Comune di Roma, hanno costituito una partnership internazionale per aiutare le popolazioni peruviane di quelle zone ad essere meglio informate e quindi maggiormente in grado di difendersi da simili calamità naturali. Secondo la ‘mappa’, le aree più a rischio nella cittadina sono quelle più prossime ai due corsi d’acqua e quelle topograficamente più basse. Tra queste, va segnalata la zona della stazione ferroviaria, punto nevralgico e unico collegamento con Cuzco.

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“Prima di una difficile e radicale riorganizzazione del tessuto urbano che tenga in considerazione le indicazioni scaturite dallo studio, bisogna fare qualcosa di immediato per mitigare il rischio della popolazione e dei turisti”, dice Puglisi. “A questo scopo è stata avviata una campagna di sensibilizzazione della popolazione che prevede istruzioni su norme e comportamenti da seguire in occasione di questi eventi. Un segnale che va, quanto meno, nella direzione opposta alla quasi totale immobilità fin qui dimostrata e che sarebbe molto importante che ci fosse anche nelle aree più a rischio del nostro paese”.

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view post Posted on 3/12/2013, 19:42
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