YAQUI

L’ultimo grido degli Yaqui

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view post Posted on 23/9/2015, 07:10




L’ultimo grido degli Yaqui



A cura di Josephine Basile

Piccolo campo di Yaqui

Avremmo saputo poco della vera sorte degli Yaqui – schiavizzati e deportati ancora nel xx secolo – se non fosse stato per John Kenneth Turner (1879-1948), un coraggioso ed onesto giornalista nato in Oregon, che volle vedere con i propri occhi gli ultimi scorci della loro triste odissea, che per la verità durava da secoli, fin da quando il feroce conquistador Diego de Guzman, nel 1533, giunse sul Rio Yaqui in cerca di schiavi.
Ma gli Yaqui diedero battaglia e il suo tentativo fallì. Guzman rimase impressionato dalla fierezza di questi Indios, così come i suoi soldati, che affermarono di non aver mai visto, in nessun luogo della Nuova Spagna, guerrieri così valorosi sul campo di battaglia.
Gli Yaqui, infatti, erano una forza poderosa, che nemmeno i Toltechi e Aztechi erano riusciti a conquistare.
Ma questa è storia vecchia, la nostra comincia nella prima decade del 1900, quando Turner conobbe alcuni appartenenti al Partito Liberale Messicano, che si trovavano prigionieri negli Stati Uniti e che gli rivelarono la reale situazione esistente in Messico, dove si poteva vedere ancora la schiavitù. A seguito di queste informazioni, nel 1908 Turner decise di intraprendere un viaggio in Messico, per constatare personalmente quanto gli era stato riferito.
Al ritorno da questo viaggio, Turner scrisse un libro dal titolo “Mexico Barbaro”, dove raccontò le sue esperienze in Messico, nella penisola dello Yucatan, inzialmente, dove arrivò simulando di essere un ricco investitore in cerca di affari, e dove ebbe modo di appurare che in America continuava ancora ad esistere la schiavitù.




Donne Yaqui con anfore d’acqua, Sonora, 1894




Egli narra il modo in cui i magnati del “henequén” (pianta di agave coltivata per secoli nella regione) facevano lavorare nelle grandi haciendas gli Yaqui, mandati dal governo nello Yucatan, esiliandoli, strappandoli alle loro famiglie, forzati a lavorare giornate intere…. e potevano essere acquistati e venduti. Era il lavoro di questi schiavi quel che rendeva Merida (Yucatan) una delle città più belle e ricche del paese, ma ad un costo inumano. I ricchi proprietari (hacendados) esibivano la loro complicità con il governo, ma non si azzardavano a chiamarla schiavitù. Erano coscienti che la schiavitù era proibita dalla costituzione messicana, ma sembravano – o volevano – credere al nome del loro sistema: “servizio forzato per debito “. Quel che segue è uno dei capitoli narrati dallo stesso Turner e tratto dal suo “Mexico Barbaro”, che porta la data del 1911, e a seguire, la cronologia degli Yaqui.


Il vero fine del mio viaggio nello Yucatán, fù di verificare che accadde agli Indios Yaqui del Sonora. Insieme a migliaia di nordamericani, che insieme abbiamo vissuto per molti anni nelle regioni del sud-ovest e vicino alla frontiera messicana, sapevo già delle sofferenze subite dagli Yaqui nel loro Stato nativo, dei mezzi che vennero impiegati per obbligarli a ribellarsi, della confisca delle loro terre, dei metodi di sterminio usati dall’esercito, della voce indignata della gente sensata del Sonora, e infine, del radicale ordine del presidente Díaz perchè gli Yaqui fossero deportati.
Sapevo che questo ordine si stava compiendo e che centinaia di famiglie erano raccolte ogni mese per essere inviate in esilio; ma, che sorte li aspettava? La risposta era sempre vaga, indefinita, per nulla soddisfacente. Anche i messicani meglio informati della città non sapevano dirmi nulla. Dopo che gli esiliati Yaqui venivano imbarcati al porto di Veracruz, cadeva il sipario. Andai quindi nello Yucatán per presenziare, se possibile, all’atto finale del dramma della vita degli Yaqui e presenziai.
Si sterminano gli Yaqui, e rapidamente. Non vi è controversia: l’unica discussione è se gli Yaqui meritano, oppure no, di essere sterminati. Senza dubbio, è certo che una parte di loro si è rifiutata di accettare il destino che il governo gli ha assegnato. D’altra parte, vi è chi afferma che gli Yaqui valgono tanto quanto qualsiasi altro messicano e meritano la stessa considerazione da parte dei governanti.


Un indiano Yaqui
Lo sterminio degli Yaqui cominciò con la guerra, e la loro fine si sta compiendo con la deportazione e la schiavitù.
Si chiamano selvaggi gli Yaqui, ma dai tempi più lontani che si conoscono della loro storia, non sono mai stati selvaggi; furono sempre un popolo di agricoltori; coltivavano il suolo, scoprirono e lavorarono nelle miniere; costruirono sistemi d’irrigazione; edificarono città di adobe; frequentavano scuole pubbliche; avevano un governo organizzato e una fabbrica di moneta. Quando arrivarono i missionari spagnoli possedevano un vasto territorio, che si estendeva dal sud dell’Arizona fino a quello che oggi è lo stato del Sonora.
Sono i migliori lavoratori del Sonora, mi disse il colonnello Francisco B. Cruz, lo stesso uomo che ha l’incarico di deportarli nello Yucatan. Un lavoratore Yaqui vale due nordamericani e tre messicani, dichiarò E. F. Trout, un fattore minerario di Sonora. E’ la gente più forte, più sobria e degna di fiducia che vi è nel Messico, segnalò un altro. Il governo ci stà togliendo i nostri migliori lavoratori e distruggendo la prosperità dello stato, mi confidò un altro. Il governo dice che vuole aprire il territorio Yaqui per colonizzarlo – mi disse S. R. DeLong segretario dell’Arizona Historical Society e vecchio residente di Sonora – ma la mia opinione è che gli Yaqui sono i migliori coloni che si possano incontrare.
Queste opinioni si sentono con frequenza in Sonora e negli stati di frontiera, e anche nelle pubblicazioni della regione. Veramente, lo Yaqui ha un ammirevole aspetto fisico. Durante i miei viaggi per il Messico, imparai a riconoscerlo a prima vista per le sue larghe spalle, l’ampio torace, le gambe nervose e la faccia abbronzata. Il tipico Yaqui è quasi un gigante e la sua è una razza d’atleti. Forse sarà questa la ragione per cui non ha chinato la testa, per sottomettersi alla volontà dei dominatori del Messico.
I nordamericani che sono proprietari di miniere e ferrovie in Sonora, si lamentano continuamente per la deportazione degli Yaqui, poiché questi sono dei gran lavoratori. Un’altra opinione che ho sentito molte volte tra i vicini della frontiera, segnala il rispetto che i guerrieri Yaqui hanno per le proprietà dei nordamericani e di altri stranieri. Quando gli Yaqui presero le armi per la prima volta contro il governo attuale, circa 25 anni fa, lo fecero a causa di un’offesa ricevuta. Combattevano quasi sempre in difensiva e, arroccati sulle montagne, si videro obbligati ad abbandonarle e a saccheggiare, per non morire di fame; tutti quanti sapevano che rare volte attaccavano i Nordamericani o altre popolazioni, bensì solo i Messicani.



Leader Yaqui: Tetabiate è al centro
Per lungo tempo non commisero danni alle ferrovie, né contro i loro proprietari, che in Sonora erano sempre stati nordamericani.
L’origine dei conflitti Yaqui si attribuisce generalmente ad un piano, elaborato da un certo numero di politici, che avevano il proposito di appropriarsi delle ricche terre del sud di Sonora, le quali erano di proprietà degli Yaqui da tempo immemorabile.
Durante gli ultimi 24 anni, gli unici governatori del Sonora sono stati Ramon Corral, vicepresidente del Messico, Rafael Izabal e Luis Torres. Queste tre persone si sono alternate al governo dello stato per più di una generazione. Così come non si effettuarono elezioni popolari di nessuna classe, questi tre amici non erano assolutamente responsabili davanti a nessuno, eccetto il presidente Porfirio Diaz, e la loro autorità in Sonora è arrivata ad essere quasi assoluta.
Si sa che gli Yaqui avevano titoli legittimi sulle loro terre quando Corral, Izabal e Torres si presentarono sulla scena. All’epoca della conquista spagnola costituivano una nazione da cento a duecentomila persone, e alcuni storici suppongono che fossero un ramo degli Aztechi. Gli spagnoli non riuscirono mai a soggiogarli completamente e, dopo 250 anni di conflitti, arrivarono a stabilire una pace, con la quale gli Yaqui cedettero una parte del loro territorio, in cambio del riconoscimento dei loro giusti diritti di proprietà sul resto, in fede del quale il re di Spagna gli assegnò un titolo firmato dalla sua augusta mano. Questo accadde circa 150 anni fa, e il titolo reale fù rispettato dai governanti e capi messicani….fino all’arrivo di Porfirio Diaz. Durante tutto questo tempo, gli Yaqui vissero in pace con tutti, guadagnandosi la reputazione di gente pacifica, ma al governo di Diaz venne l’idea di provocarli con la guerra.
Durante questi anni di pace, gli Yaqui si trovarono ad essere parte solidale della nazione messicana; vivevano come gli altri messicani; avevano le proprie case e fattorie e pagavano le imposte, come il resto dei messicani. Durante la guerra contro Massimiliano, inviarono soldati per aiutare il Messico e molti di loro si distinsero per la loro brillante condotta.




Esecuzione di 6 Yaqui a Guaymas




Ma gli Yaqui furono incitati alla guerra. Gli uomini che erano a capo del governo del Sonora desideravano le loro terre, e videro un’opportunità di lucro quando lo stato mandò un corpo militare; per questo ostilizzarono gli Yaqui. Inviarono presunti agronomi nella valle dello Yaqui per mettere pietre di confine sulla terra, e dicendo alla gente che il governo aveva deciso di regalarla ad alcuni stranieri. Confiscarono 80 mila pesos che il capo Cajeme aveva depositato in una banca; infine, inviarono uomini armati ad arrestare Cajeme e, come non lo trovarono, diedero fuoco alla sua casa e a quelle dei vicini, abusando delle donne del pueblo, non rispettando nemmeno la donna dello stesso Cajeme. A partire da questo momento, gli Yaqui si videro obbligati a combattere.
A partire da questo giorno, 25 anni fa, il governo Messicano ha mantenuto quasi continuamente nel territorio un esercito contro questo popolo, con un contingente che varia dai duemila ai seimila uomini. Nella lotta morirono decine di migliaia di Yaqui e di soldati messicani, e molte centinaia di Yaqui vennero giustiziati dopo essere stati presi prigionieri. Dopo pochi anni di lotta fù catturato il capo Cajeme, che giustiziarono pubblicamente, davanti ai molti Yaqui che erano caduti prigionieri con lui. In seguito venne eletto capo Tetabiate, che prese il posto di Cajeme, e la lotta proseguì. Infine, nel 1894, in maniera repentina, gli presero le terre. Per decreto del governo federale gli si presero le migliori, e le trasferirono ad un solo uomo, il generale Lorenzo Torres, che oggi è il capo militare in Sonora e che allora era il secondo in comando.



Deportazioni di Yaqui verso lo Yucatan
Il governo viene ritenuto colpevole delle più orribili atrocità. Santa de Cabora, riferisce questi due casi: Il 17 maggio 1892, il generale Otero dell’esercito messicano, ordinò di catturare gli Yaqui, uomini donne e bambini che si trovavano nella città di Navojoa e ne prese così tanti che vennero a mancare le corde disponibili, tanto che fù necessario usarne ognuna per cinque o sei volte.
Un colonnello dell’esercito, Antonio Rincon, nel luglio del 1892, prese prigionieri duecento Yaqui, uomini, donne e bambini, li imbarcò sulla cannoniera El Democrata, gettandoli in acqua tra la foce del rio Yaqui e il porto di Guaymas, uccidendoli tutti.
Sulla frontiera messicana circolò una notizia che un incidente, simile al precedente, era accaduto nel febbraio del 1908. Il colonnello Francisco B. Cruz, che aveva a suo carico gli esiliati e che dice di essere stato a bordo della cannoniera e aver presenziato all’incidente, mi dichiarò, senza dubbio, che questa notizia non era esatta. Gli Yaqui si affogarono – mi disse – ma non furono colpevoli le autorità. Tenendo conto che il governo in quest’epoca non uccideva gli Yaqui che poteva catturare, e vendere, la versione del colonnello Cruz può prendersi come corretta.
Fu suicidio, niente più che suicidio, asserì il colonnello. Questi Indios vollero deludere l’utile che ci veniva corrisposto come commissione e per questo gettarono i loro figli in mare e saltarono tra loro. Io ero a bordo e vidi tutto. Sentii un grido acuto e vidi alcuni dei membri dell’equipaggio correre verso tribordo. Alcuni Yaqui erano in acqua. Allora si sentì un grido da babordo e vidi gli Yaqui saltare sopra il bordo da questo lato. Scendemmo con le barche, ma fù inutile; si erano tutti affogati prima che potessimo arrivare a raggiungerli.
Ogni soldato che uccide uno Yaqui – mi disse un medico militare che servì due anni nelle truppe che combattevano gli Yaqui e che conobbi a Città del Messico – percepisce una ricompensa di cento dollari. Per provare la sua impresa, il soldato deve presentare le orecchie della sua vittima. Prendete le orecchie, è l’ordine degli ufficiali. Frequentemente ho visto una compagnia di soldati formati in una piazza, e alcuni di loro che ricevevano cento dollari per un paio di orecchie.




Schiavi Yaqui nello Yucatan




A volte venivano catturati piccoli gruppi di Indios e, quando io ero nell’esercito, era costume offrire agli uomini libertà e denaro se conducevano le truppe per le strade nascoste della montagna, dove si facevano forti i loro amici. L’alternativa era quella di impiccarli, ma mai vidi che uno di questi prigionieri fù traditore. Che mi impicchino, gridavano, e ho visto qualcuno di loro correre, mettersi la corda intorno al collo e chiedere di stringere immediatamente, per non dover sopportare un’altra volta un insulto tanto rovinoso.
Ho davanti a me una lettera firmata da G. G. Lelevier, antico membro del Partito Liberale Messicano e direttore di uno dei suoi periodici negli Stati Uniti, di cui si dice che si pose, in seguito, a favore della causa del governo. La lettera dice, commentando una fotografia che mostra un gruppo di Yaqui impiccati in un albero in Sonora:
Questa fotografia assomiglia molto ad un’altra presa sul Rio Yaqui, quando il generale Angel Martínez era al comando dell’esercito messicano d’occupazione. Questo generale aveva l’abitudine di impiccare la gente perché non potevano dirgli dove si trovavano in quel momento gli Yaqui insorti, e arrivò all’estremo di catturare le donne degli Yaqui e impiccarle anche. E andò avanti fino a che il capo della commissione geografica comunicò i fatti a Città del Messico, minacciando di rinunciare se continuavano queste pratiche. Allora, questo mostro venne congedato.
Ma più tardi, il governatore Rafael Izábal (nel 1902) fece un’incursione nell’isola del Tiburon, dove si erano rifugiati alcuni pacifici Yaqui, e senza formalità ordinó agli Indiani Seri che gli portassero la mano destra di ognuno degli Yaqui che vi erano lì, con l’alternativa per i Seri di essere a loro volta sterminati. Il dottor Boidó prese una fotografia dove si poteva vedere il governatore ridere alla vista di un grappolo di mani, che gli presentavano appese all’estremità di un palo. Questa fotografia arrivò ad essere pubblicata nel periodico “El Imparcial” di Città del Messico, facendo dileggio dell’impresa eroica del governatore Izábal.


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